MANAGEMENT

Millennials: la generazione che cambierà la vostra azienda

Continua il nostro viaggio nella “rivoluzione millennials” e l’impatto che avrà sul mondo del lavoro. In questo articolo, realizzeremo un possibile “identikit” della generazione più ambiziosa di sempre nonché una guida su come adattare la propria azienda ai radicali cambiamenti che la investiranno e, aspetto non trascurabile, escogitare tecniche per individuare e trattenere i talenti migliori.

Magari vi starete chiedendo perché devono essere le imprese ad adeguarsi alle esigenze dei giovani dipendenti e non viceversa, come accadeva in passato. La risposta è semplice: il futuro appartiene a loro. Infatti, entro il 2020 rappresenteranno più del 50% della forza lavoro e si stima che tale percentuale salirà addirittura al 75% nel 2025. Essendo in grado di garantire una performance lavorativa senza precedenti, sono determinati a ottenere ciò che vogliono subito, senza aspettare domani. Non sono facili da gestire, poiché non considerano un impiego a tempo indeterminato e una retribuzione alta tra i fattori decisivi ai fini della permanenza in un’azienda. Al contrario, cercano un ambiente con molteplici possibilità di crescita e di partecipazione alla vita aziendale, che riconosca il loro impegno e garantisca il work-life balance.

Quali cambiamenti ci aspettano?

Settimana lavorativa di 40 ore? Non più!

Secondo una ricerca della Bentley University, il 77% dei digital natives considera il lavoro flessibile più produttivo. Questo risultato può essere determinato dalla presenza della tecnologia nella quotidianità. Infatti, oltre l’84% controlla la posta elettronica anche fuori dagli orari di ufficio. Inoltre, si stima che per il 2030 il concetto “classico” di giornata lavorativa (otto ore per cinque giorni alla settimana) scomparirà definitivamente. I millennials vedono nell’attività professionale uno dei fattori più importanti per la crescita, ma allo stesso tempo vorrebbero concentrarsi su altri obiettivi personali. Per questo motivo, non vogliono essere condizionati da vincoli spaziali né temporali.

La sincerità: un must.

Le persone nate tra il 1980 e il 2000 ritengono fondamentale la trasparenza da parte del datore di lavoro e credono che l’onestà sia una delle qualità principali che debba possedere. Pertanto, le imprese dovranno abbandonare i vecchi schemi a favore di una cultura più aperta, in cui le informazioni siano condivise senza omissioni tra tutti i membri del team.
Il rispetto va guadagnato. I millennials non riconoscono il valore della dimensione gerarchica e le regole formali a livello professionale. Status e autorità non vengono dati per scontati, ma devono essere conquistati. Vedono in un capo più un “amico” o un maestro in grado di favorire il loro sviluppo e apprendimento. La maggior parte degli esponenti della generazione Y ha conseguito almeno un titolo accademico, ma il fatto che il superiore ne sia in possesso o meno non è per loro un aspetto di primaria importanza: sono cresciuti in un mondo in cui ogni informazione è a portata di “clic” e, nel datore di lavoro, ricercano principalmente una figura esperta nell’ambito di riferimento.

Formazione continua e… interattiva.

La generazione Y, la più istruita della storia, cerca di migliorarsi costantemente anche sul piano lavorativo, mirando a un continuo perfezionamento delle proprie competenze. Di conseguenza, per un’azienda risulta cruciale investire nella formazione dei giovani. Tuttavia, le lezioni frontali non bastano. I digital natives sono molto più esigenti dei loro “predecessori” per quanto concerne lo sviluppo professionale e attribuiscono maggiore efficacia a strumenti di apprendimento innovativi. Per trattenere i talenti, bisognerà rispondere alle nuove richieste attraverso soluzioni interattive e digitali come, ad esempio, e-learning, visual learning, formazione esperienziale o funzionalità social accessibili in qualsiasi momento.

Ego. Prima di tutto.

Quella di cui stiamo parlando è inoltre conosciuta come The Me Me Me Generation. Essa, infatti, nonostante sia orientata alla collaborazione all’interno del team, viene spesso definita “individualista”, se non addirittura “egocentrica”. Per questa ragione, i datori di lavoro dovranno imparare a premiare i nuovi dipendenti individualmente per i traguardi conseguiti e a offrire continui feedback sulla qualità delle mansioni svolte.