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Oltre il “rumore” delle pubblicità

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I consumatori ormai sono “bombardati” da spot pubblicitari. Di conseguenza, per le aziende diventa sempre più difficile entrare nella loro mente per comprenderne i desideri e distinguersi dalla concorrenza. Il branded content potrebbe rappresentare una soluzione.

Che cos’è?

Si tratta di un tipo di pubblicità molto lontana da quella tradizionale, sia nella forma sia nei contenuti. Non è il classico advertising come banner, pop-up, annunci sui social media o pagine tabellari. Nello specifico, con branded content si intende la pratica da parte di aziende di produrre contenuti interessanti, informativi e al tempo stesso persuasivi per un target definito. Può avere formati diversi, ad esempio un editoriale, un filmato oppure un’infografica. La sua caratteristica principale è che racconta una storia, non presenta semplicemente un prodotto. Questa tipologia di comunicazione può contenere messaggi complessi ma ben costruiti, in grado di trasmettere valori, emozioni o pensieri in linea con il brand e i consumatori.

Perché funziona?

Viviamo in un mondo sommerso dalla pubblicità e ormai finiamo per ignorarla. Basti pensare ai feed di Facebook o Instagram. Ogni giorno visualizziamo diversi banner e promozioni perfino nelle nostre caselle e-mail. E quante volte capita di cliccare sopra “Salta annuncio” su YouTube?

A differenza dell’advertising tradizionale, il branded content nasce in primo luogo per informare e intrattenere. Non per vendere, dunque, ma per catturare l’interesse. Gli utenti possono scegliere liberamente cosa guardare o leggere. Inoltre, credono che questo tipo di pubblicità sia focalizzato su di loro e di conseguenza mostrano maggiore fiducia verso il brand.

Infatti, secondo l’ultima ricerca di Forbes, condotta in collaborazione con la Syracuse University e l’IPG Media Lab su un campione di oltre 4000 lettori, il 59% in più degli intervistati ricorda il marchio promosso rispetto ad una pubblicità display, mentre il 14% in più si informa anche di altri contenuti del brand dopo una singola esposizione al branded content. Ciò che sorprende è che non diminuisce il coinvolgimento degli utenti come avviene invece con gli altri annunci. Anzi, in confronto a uno studio simile del 2013, ha registrato un aumento del 17%.

Esempi pratici

1. Dove
Nel 2013, Dove, noto marchio di prodotti per la cura del corpo, ha pubblicato una ricerca secondo la quale solo il 4% delle donne intervistate si descriverebbe come bella. Da qui è nata l’idea di creare qualcosa di speciale, ovvero di coinvolgere un ritrattista forense dell’FBI per riprodurre il volto di alcune donne seguendo le indicazioni fornite da sconosciuti. In seguito, è stato prodotto un cortometraggio in cui si comparano le descrizioni di sé fornite dalle soggette coinvolte nella campagna con quelle rilasciate da estranei. Il risultato è stato sorprendente: infatti, gli “identikit” sviluppati dalle indicazioni pervenute da individui terzi si sono rivelati più confacenti alla realtà rispetto alle autorappresentazioni formulate dalle signore in questione.

2. Netflix
Per promuovere il telefilm “Orange is the New Black”, Netflix ha redatto un articolo per il New York Times sulle difficoltà che sono costrette ad affrontare le donne detenute, suscitando l’interesse di circa un milione di lettori verso la tematica. Attraverso questa trovata, la serie è diventata subito mainstream.

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