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Il piacere culinario nasce nella mente

Al mare, il pesce è più fresco, mentre sulle malghe i canederli sono semplicemente i migliori. Immaginazione? Non proprio… La gastrofisica, influenzata da Charles Spence, infatti, indaga le interazioni tra le nostre percezioni del gusto (dolce, acido, salato, amaro, umami) con gli altri sensi e come influiscono sul nostro comportamento alimentare. Per questo motivo, abbiamo raccolto per voi i risultati più importanti.

In compagnia si mangia di più
Quando si mangia in convivialità, si tende a ordinare e a godere di più dei pasti. Può essere difficile da credere, ma il dato è lampante: due persone, prese singolarmente, consumano fino al 35% di cibo in più, mentre tre o più persone consumano fino al 75% in più!

L’orecchio mangia con noi
Con la musica ad alto volume come in discoteca si beve più velocemente, mentre con le melodie classiche tendiamo a spendere di più. Il fruscio del mare rende inevitabilmente più saporito il pesce e il frastuono dei motori dell’aereo risveglia il bisogno di cibo ricco di proteine. A conferma di ciò, basta pensare che anche se lo si beve poco sulla terraferma, in volo, il succo di pomodoro è richiestissimo.

Stoviglie e “trucchi” per mani e occhi
Secondo Spence, il peso delle posate è particolarmente decisivo poiché il nostro cervello associa la pesantezza al valore. Quindi, una posata economica in pratica “sminuirebbe” la qualità di un nobile menu stellato. Servito su piatti chiari e rotondi, poi, le pietanze hanno generalmente un sapore più dolce, mentre sono percepite come piuttosto amare su quelli scuri e angolari. I piatti rossi, invece, fanno consumare meno cibo perché offrono poco contrasto e non valorizzano la portata, anzi, risvegliano un’atavica sensazione di pericolo. Infine, il consumatore associa immediatamente le ciotole a qualcosa di sano. Ciò le rende ideali, ad esempio, per insalate o il cosiddetto “superfood” (alimenti con effetti benefici sulla salute).

Croccantezza fa rima con freschezza
Più le patatine sono croccanti, più sono fresche. Se sembra di mordere una mela o una carota, anche i cibi grassi e zuccherati possono apparire sani e nutrienti.

Luce e colori creano atmosfera
Le candele a tavola o la luce calda e soffusa infondono un senso di benessere, così come i colori tenui di pareti e mobili. Chi si sente a proprio agio non pensa di andarsene e, potenzialmente, consuma di più.

Nome e prezzo fanno la qualità
Le denominazioni particolari possono far apparire i piatti più elaborati e squisiti. Ad esempio, preferiamo mangiare “fagioli principessa” piuttosto che i semplici fagiolini, oppure, “spicchi di patate croccanti” suona più attraente di patate arrosto. I vini costosi, poi, hanno sempre e comunque un sapore eccellente perché l’aspettativa è quella di assaggiare un prodotto raffinato e gustoso.

Numerosi fattori secondari hanno quindi un effetto decisivo sulla nostra percezione del gusto. Seppure alcuni chef sostengano che il buon cibo parli da sé, può essere un risultato non trascurabile rendere le persone più consapevoli di aspetti non immediatamente percepibili. Come? Con un’esperienza culinaria a tutto tondo che tiene conto di tali prerogative. Ovviamente, la base dalla quale partire rimane la stessa: è essenziale che un piatto sia prima di tutto gustoso. Se il cibo non è buono, infatti, è improbabile ingannare il cervello con degli escamotage.